Chiesa E Papato, Innocenzo Vi, Raro Antico Ritratto, 500
Valore stimato —€139.3
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ANTICHISSIMA RAFFIGURAZIONE DEL PAPA
INNOCENZO SESTO
Incisione originale antica, all'acquaforte e xilografica (praticamente una doppia incisione essendo state utilizzate due matrici, una in rame per il ritratto vero e proprio, e una in legno per la cornice che contorna il ritratto)
tavola illustrativa di una pubblicazione specialistica, probabilmente della fine del '500
misura cm.16x13 ca. (parte figurata) su foglio cm.22x16 circa
STEMMA ARALDICO IN ALTO A DESTRA
OPERA DI INTERESSE ARTISTICO SPECIALISTICO COLLEZIONISTICO
Buona conservazione generale, segni e difetti d'uso o d'epoca, usuali difetti marginali, una vecchia macchia di inchiostro a sin., ma incisione ben impressa e di grande raffinatezza, ancora su foglio originario con scritta al verso;
meritevole di essere inserita sotto passpartout ed incorniciata.
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Al secolo Étienne Aubert, nacque a Mont (Limoges) in Francia, nel 1282. Vescovo di Noyon e poi di Clermont, venne eletto papa l’8 dicembre 1352. Avviò una ristrutturazione della curia avignonese, esercitò un più stretto controllo sui costumi e l’integrità morale del clero e appoggiò con decisione l’ordine domenicano nel suo scontro con la corrente "spirituale" dei francescani. Patrocinatore di negoziati diretti fra le corone inglese e francese in conflitto, nonostante alcuni fallimenti diplomatici iniziali, fu l’artefice del trattato di Brétigny (1360), che sancì una tregua decennale nella Guerra dei Cent’anni. Per imporre di nuovo l’autorità papale sulla città di Roma vi inviò nel 1352 il cardinale Gil Álvarez de Albornoz come legato e governatore dello Stato pontificio (al suo seguito era Cola di Rienzo). Pacificata, almeno temporaneamente, l’Italia centrale, i suoi progetti di ristabilimento della curia a Roma, necessario per la sicurezza stessa del papato, non poterono realizzarsi, a causa della vecchiaia e delle malattie del papa, che si spegneva ad Avignone il 22 settembre 1362.
Con l’epistola sine nomine 12, il Petrarca esprimeva a Filippo di Cabassoles la propria costernazione per l’elezione di Innocenzo: «oltre che essere ancora un francese, era proprio colui che aveva prestato orecchio alle voci sulla pretesa negromanzia dello scrittore». L’epistola, piena di lamenti e recriminazioni, è presentata come indirizzata a Cristo in persona (Dotti 1974: 125).(dal web)